Switz Tour – alla ricerca della Fée Verte

GruyèreSi dice che la fatina verde, idolo dei maudit nei bistrot della Parigi degli artisti, descritta da Wilde e revival mondano a Praga, abbia ben più rustiche origini: inventata in una remota valle svizzera da un Pierre Ordinaire – medico qualsiasi – e da due tenaci e sfortunate sorelle, fino a conquistare il mondo. Fu così che due oscuri individui della Valcuvia decisero di andare a verificare, in uno Switz Tour tra Cantoni che partendo da Gruyère finiva per approdare sulle sponde del Limmat di Zurigo, tra i colori di Chagall…

Gruyère: un mostro striscia nell’idillio alpino

H.R. Giger Museum a Gruyère
H.R. Giger Museum a Gruyère

Un minuscolo paesino alpino, mucche al pascolo sui prati verdi, un castello medievale sulla collina, panna e formaggi tipici, trattorie con gente cordiale. E’ proprio nel cuore della Svizzera francese, in un idillio da cartolina, che si cela un inquietante mostro: è a Gruyère, infatti, che ha sede il Museo H.R. Giger, dedicato all’artista svizzero che ha disegnato Alien insieme a Carlo Rambaldi. Il Museo, cui si arriva salendo la strada che porta al castello, è un delirio post-industrial, appendice della mano inquietante di un Gaudì bio-meccanico: nei bozzetti della creatura, come negli altri lavori e nella sua stessa collezione di arte privata, balena la fusione della natura con la tecnologia industriale, disarmonica e disturbante. Qua e là, simboli e riferimenti esoterici e satanici.
Pieni di inquietudine ma ispirati da molte idee, non si può che concludere la giornata al Giger Bar di fronte, disegnato dallo stesso Giger e con suggestivi soffitti a colonna vertebrale e con i classici tavoli scheletrici, dove gustare un Alien Coffee con un ottimo Grand Gruyèere (liquore) e il primo assaggio di quello che diventerà la droga dello Switz Tour: le meringhe con la doppia crema della Gruyère!!! Un altro Giger Bar esiste anche a Coira – sempre il solito neo: chiudono alle 20.30 di sera! – mentre un altro fu inaugurato a Tokyo, per poi essere chiuso dopo un omicidio (del resto, era frequentato dalla yakuza…). Cenetta formaggi & salumi allo Chalet di Gruyère, nanna all’Hotel des Alpes di Bulle, la città dei treni.
Di buon mattino, si sale al Castello di Gruyère: infeudato dai Conti di Gruyèere – il cui stemma araldico era proprio la gru in campo rosso, di qui il nome della regione – fu costruito a partire dalla fine del XI secolo, per poi essere ceduto per bancarotta a Berna e Friburgo nel XVI. Notevoli, oltre alle sale con gli arredi delle varie epoche, la surreale collezione di arte fantastica e il bel giardino alla francese.

Neuchatel, tra comuni libere fantasma e re(g)ali soup all’onion

NeuchatelA meno di un’ottantina di chilometri dalla bucolica Gruyère, ci attende Neuchatel: cittadina sulle sponde del lago omonimo, ben più grande – i “Neocastellani” suoi abitanti sono ben più di 30 mila – ha un’anima molto più francese. Non pernottiamo a Neuchatel ma ci fermiamo a Chez-le-Bart, dove una simpatica vecchietta vedova affitta una camera nella sua casetta sul lago, insieme alla fedelissima cagnetta.

Da vedere a Neuchatel il castello, la collegiata, le vie con le colonne colorate, ma “lo spirito del luogo” non ci ha fatto impazzire: anche le tre vie della fantomatica Comune libera di Neuchatel non hanno nulla di speciale, se non locali, parrucchieri low cost e negozietti. Ben più emozionante il pranzo in una brasserie, dove rifugiandoci dall’acquazzone riuscimmo a ritrovare, dopo quasi ben 5 anni (la primizia era stata sull’Isle de la Cité a Parigi), la deliziosa soup a l’onion…


Val di Travers – Nel nome della Fée Verte

traversIn un piovoso venerdì di inizio maggio, l’avventura inizia: corriamo nei boschi ad inseguire la fatina verde nella Val di Travers.  Boscosa valle di abeti e miniere, ha una storica industria orologiera e una ancor più famosa tradizione nell’arte della produzione dello spumante e dell’assenzio; qui, in una valle vicina, c’è la famigerata “Brévine” (brrr…il nome è significativo…): il comune più freddo della svizzera, è chiamato anche “la Siberia della Svizzera”!!!

Prima tappa dei due indomiti viaggiatori fu Motiers, il capoluogo del distretto, dove Rousseau andò a vivere per tre anni – dal 1762 al 1765 – esiliato dal Parlamento di Parigi dopo la pubblicazione dell’Emilio, e che qui iniziò a scrivere le sue Confessioni… forse spinto dalla estrema tranquillità del paese, che comunque finì per cacciarlo. Di lui oggi resta la casa-museo a lui dedicata, mentre la battaglia politica è oggi in mano a ben più aggressivi – e autorevoli – personaggi: Savoir Ecouter, chi ha orecchie per intendere intenda…..
Non riusciamo ad introdurci nel monastero benedettino di S. Pierre, per degustare il famoso spumante, iniziamo però gli assaggi con un bicchiere di assenzio (ghiacciato e non di qualità, si rivelerà un pallido surrogato rispetto a quello che incontreremo poi…) e andiamo ad esplorare le miniere di asfalto vicino a La Presta, in una simpatica visita guidata in coda ad una scolaresca francofona. Scoperto da un professore greco, il calcare bituminoso di Travers fu inizialmente usato in medicina e poi per scopi commerciali, raggiungendo l’apice del successo con l’acquisizione della miniera da parte di Suchard, imprenditore del cioccolato, che lo esportò nel mondo; fu poi sostituitonel XX secolo dall’asfalto chimico derivato dal petrolio, più economico. Oggi si può visitare la miniera superiore, non allagata, e vedere in che condizioni lavoravano gli operai delle miniere.

absinthNuova tappa a Moitiers, e qui l’incontro con la fatina è inaspettato e fiabesco: in un negozietto in cui evitiamo di entrare diverse volte, proprio perché sembrava troppo commerciale con i suoi alambicchi in vetrina, lì la troviamo e ne veniamo a conoscere – ed assaggiare – le modalità di distillazione, ancora oggi in grossi alambicchi artigianali.
Sembra che in Val de Travers già da diversi secoli la gente fosse solita preparare un elisir distillando artemisia absinthum, semi d’anice verde, melissa e diverse altre piante medicamentose, ritenendolo una panacea per tutti i mali. Solo nel 1792 il dottor Pierre Ordinaire, medico francese esiliato in Svizzera scoprì questo tradizionale tonico locale e lo modificò leggermente rendendolo ufficialmente “curativo”. Alla sua morte la ricetta passò alle sorelle Henriod di Couvet (Val de Travers), che tentarono invano di commercializzare in modo sistematico l’elisir di Ordinaire. La ricetta venne quindi ceduta al Maggiore Dubied che in breve aprì la primissima piccola distilleria artigianale dell’Extrait d’Absinthe con il suo genero, Henri Louis Pernod: è l’inizio del successo commerciale dell’assenzio, fino alla messa al bando nel 1910, sotto le pressioni dell’industria birraria e vinicola. La simpatica venditrice di Motiers ci ha spiegato che proprio la clandestinità portò alla creazione della versione verde dell’assenzio, quella a più alta gradazione ed anche la mia preferita (quella originale, infatti, è trasparente): durante quegli anni i fumi degli alambicchi delle distillerie clandestine erano pericolosissimi, perciò si iniziò a produrre assenzio anche per macerazione delle piante, in grossi recipienti, che producevano un liquore più scuro.
Il modo genuino di bere l’assenzio non ha nulla a che vedere con le immagini dei maudit: il giusto mix di acqua ghiacciata, ed è pronto. Nessun flambé, zucchero e tantomeno ghiaccio: la fatina si arrabbierebbe, e i vostri sonni non sarebbero più tranquilli…

Berna – tra orsetti e federazione

al Barengraben
al Barengraben

A vele spiegate, ci lanciamo verso la Capitale. Simbolo di unità di lingue e culture – il motto della Svizzera, scritto anche sulla cupola del Parlamento Federale, è proprio “Uno per tutti, tutti per uno” – è anche un armonico mix di antico e moderno: nel centro storico medievale, dichiarato patrimonio dall’UNESCO, accanto alle vestigia medievali batte il cuore istituzionale e modaiolo della Svizzera. Passeggiare nel centro significa attardarsi sotto lo Zytglogge, la torre dell’orologio astronomico, in attesa dello scoccare dell’ora accompagnata dal carillon meccanico (un po’ deludente… se sei abituato a Praga), guardare le vetrine della barocca Kramgasse tra i palazzi tutti addobbati dalle bandiere dei Cantoni e le fontane, visitare la Cattedrale quattrocentesca, passeggiare sulla riva dell’Aare e ridiventare bambini al famoso Barengraben, la fossa degli orsetti. L’orso è da sempre il vero simbolo di Berna: narra la leggenda che il fondatore della città, il duca Berchtold V von Zahringen, diede il nome alla città dopo aver catturato un orso, proprio nel punto in cui sorge oggi Berna (da Bar); oggi frotte di famiglie con bimbi e coppie di fidanzati si inteneriscono di fronte alle peripezie dei quattro orsi, tra arrampicate sugli alberi e giochetti acquatici nel laghetto. Il nostro ostello – l’ottimo Landhaus Bern – era proprio lì dietro, comodissimo con le camerate da sei in realtà suddivise in loggette da due con letto a castello.
Concludiamo la giornata con un’interessante – e assai salassante! – visita alla mostra Qin al Kunstmuseum, dove apprendiamo la storia dell’imperatore che unificò la Cina e ammiriamo alcuni dei famosi guerrieri di terracotta.

I colori di Zurigo

ZurigoArriviamo al culmine del nostro viaggio con l’arrivo della mia intrepida sorellina, che pur non facendo il ponte del primo maggio – da ligia lavoratrice elvetica – non si volle sottrarre il piacere di perdersi nel mondo onirico e colorato di Chagall, in mostra alla Kunsthaus, tra rimembranze dell’est – Chagall infatti era originario di Vicebsk in Bielorussia, che racconta con nostalgia in molte sue opere – e infiniti colori, materializzati su tela da una sensibilità inquieta e anti-convenzionale che ai suoi tempi non fu mai del tutto compresa.
La giornata si chiude con un aperitivo sull’azzurro del Limmat, nell’atmosfera rilassata delle domeniche sul lago di Zurigo, tra le strade con alberelli fioriti di rosa.

La fata verde si è svelata: chissà che anche elvetiche ondine non abbiano a irretirci in nuove avventure…

4 pensieri riguardo “Switz Tour – alla ricerca della Fée Verte

  1. Temo che le future Ondine elvetiche ci arretiranno nello stesso modo in cui ci hanno sempre irretito… ovvero tra flutti di calda acqua termale spaparanzati su pleutschbad gorgoglianti…. Molto interessante, like always, questo resoconto di viaggio “fatato”… E devo dire che mi verrebbe voglia ogni volta di riassaggiare un bel alien coffee al Giger Bar, e ancor di più di fare colazione con una zupposissima meringa spiaccicata in un letto di crème gruyere… aaaaaa…. Tutto molto bello, ma hai dimenticato di citare la devastazione da noi apportata in quel di Berna, quando durante il sabato notte avvenne ciò che non doveva avvenire, l’incontro tra due piccoli e innocenti orsacchiotti, ed un grasso e ben poco innocente scoiattolo canadese… Il resto è una famigliola di orsi distrutta ed una città che ha perso la sua innocenza insieme col suo simbolo… Ma in tutto questo vi è grande insegnamento: “L’assenzio ha bisogno solo del giusto mix di acqua ghiacciata, Nessun flambé, zucchero e tantomeno ghiaccio: la fatina si arrabbierebbe, e i vostri sonni non sarebbero più tranquilli…”: E aggiungo anche un nota assoluta di merito alla soup a l’onion di Neuchatel, la città è abbastanza perdibile, ma la soup… Vale da sola il prezzo del biglietto… di qualsiasi cosa… yummy yummy (nd: 5 anni di attesa son valsi la pena)…

    GW

  2. La perdita dell’innocenza degli orsetti di Berna… la perdita dell’innocenza della capitale e di una Federazione intera… ecco, avevo rimosso questo aspetto inquietante del trip elvetico. Su tutto troneggia, come sempre, quella folta e prepotente coda fulva. “L’ultima chiamata prima della catastrofe” (cit.)

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